INTRODUZIONE Nei trattati di architettura redatti a partire dal Rinascimento fino al secolo scorso lo studio della voluta ionica viene affrontato e dibattuto innumerevoli volte, e molte soluzioni diverse tra loro vengono elaborate e propagandate, tanto che il tema del suo giusto tracciamento conserva fino al XIX secolo una importanza non marginale [1]. Il dibattito attorno alla forma di questo elemento architettonico inizia tra Quattrocento e Cinquecento, e origina dalle difficoltà di interpretazione di un breve passo del trattato di architettura d'epoca romana di Vitruvio [2]. Questa difficoltà poneva dei problemi di tipo pratico oltre che filologico: non si trattava solo di stabilire la corretta lettura di un antico e autorevole testo, ma -- cosa ben più importante -- si voleva sviluppare (fondandosi sulla autorità del testo stesso) un metodo per il tracciamento della voluta che fosse poi applicabile nella pratica edile del Cinquecento, e permettesse così un utilizzo generalizzato dell'ordine ionico. Il nostro interesse si è rivolto alle caratteristiche di tre metodi -- che avranno in seguito grande notorietà -- sviluppati da tre autori durante un periodo relativamente breve all'inizio del Cinquecento. Questi metodi sono stati studiati nelle loro caratteristiche geometriche e matematiche a partire dai testi originali in cui vengono descritti. Dapprima sono stati ridisegnati, per studiare come riga e compasso vengano utilizzati, quindi ricercate le regole matematiche alla loro base, in seguito verificata una loro eventuale classificabilità in tipi di spirali note. L'ORDINE IONICO E L'EREDITÀ CULTURALE
ANTICA NEL RINASCIMENTO Lo studio delle rovine si concentra principalmente sulle rovine di Roma, nel Quattrocento già ben note ad architetti e artisti. Inizialmente la loro conoscenza rimaneva subordinata alla visione diretta ed allo studio sul campo, ma con la seconda metà del Quattrocento inizia il loro rilievo e il loro studio sistematico, finalizzato alla loro pubblicazione [3], a partire dal momento in cui il disegno diviene uno strumento per la rappresentazione fedele delle forme, e si diffonde la pratica dell'uso della proiezione ortogonale [4]. L'effetto degli studi e della pubblicazione dei rilievi è ben visibile nello sviluppo della trattatistica di architettura. Durante il Quattrocento gli scritti di architettura sono soprattutto un esercizio letterario, in cui sono assenti indicazioni di utilità immediata per gli architetti confrontati ad un compito progettuale specifico [5]. A partire dal primo Cinquecento troviamo invece tutta una serie di autori i cui scritti intendono fornire all'architetto le indicazioni pratiche che gli necessitano per progettare e costruire, illustrandogli il ricco vocabolario formale derivato dall'eredità culturale classica, risultato di un confronto tra le indicazioni vitruviane e i resti romani. Lo studio dell'antico viene affrontato da questo momento con l'intento di trarne delle indicazioni utili per la progettazione e realizzazione concreta di nuove opere [6]. Durante questa seconda fase i problemi come quello di tracciare la voluta del capitello ionico vengono affrontati e dibattuti a fondo, poiché risolverli è premessa essenziale allo sviluppo della pratica progettuale e costruttiva. L'ordine ionico, con il suo caratteristico capitello è uno dei modi (cioè degli stili architettonici) che Vitruvio descrive nel suo trattato di architettura, indicandolo, tra Dorico e Corinzio, come quello di mezzo, severo e delicato al contempo [7]. Il capitello, che ha nelle volute a spirale il proprio segno distintivo, ha origine greca e la sua forma passa nell'architettura romana di epoca classica attraverso l'influenza ellenistica [8]. L'ordine ionico, a inizio Rinascimento poco utilizzato (poiché meno caratterizzato degli altri due) viene progressivamente introdotto nella seconda metà del Quattrocento, sia come ordine del piano intermedio in edifici a più piani, sia da solo, per caratterizzare edifici sobri ma eleganti [9]. Lo studio del trattato di Vitruvio, per quanto riguarda l'ordine ionico e le sue varie parti (compresa la voluta a spirale) si concentra su un breve brano di testo in cui Vitruvio descrive la voluta ionica come un avvolgimento a forma di spirale, che partendo da un punto immediatamente sotto l'abaco (la parte superiore, piatta, del capitello, che riceve l'appoggio della travatura) si avvolge in una serie di giri fino a congiungersi ad un elemento circolare detto occhio. L'occhio ha il centro situato su una linea verticale, parallela al cateto, la linea che scende verticalmente dalla punta estrema dell'abaco [11]. Il testo vitruviano fornisce alcune regole base molto chiare, ma è di più difficile interpretazione riguardo al tracciamento vero e proprio della voluta, soprattutto oltre il primo giro. Vitruvio non fornisce misure concrete, ma solo rapporti proporzionali. Le regole base indicate nel testo, che abbiamo tracciato anche nella figura 1, sono [12]:
Vitruvio indica poi semplicemente che la voluta si traccia per mezzo di quarti di cerchio, utilizzando il compasso [13] a partire dal punto più esterno, fino ad arrivare a congiungersi all'occhio, diminuendo di 0,5 unità la distanza dal centro dell'occhio per ogni successivo quarto di cerchio tracciato. Il testo non precisa quanti quarti di cerchio occorrano per completare la voluta, né indica la posizione dei loro centri, né precisa quanti giri la voluta debba compiere in totale. Se la diminuzione del raggio di 0,5 unità ogni quarto di cerchio rimane costante bastano evidentemente 8 quarti di cerchio per raggiungere l'occhio [14], cioè due giri completi. Una precisazione che nel testo manca. Vitruvio unisce alla descrizione a parole un rimando a un disegno illustrativo non pervenutoci. La mancanza del disegno (probabilmente solo un elementare schema geometrico [15]) introduce un elemento di indeterminazione (solo apparentemente marginale) nella descrizione della voluta oltre il primo giro, che fornisce ai teorici rinascimentali un punto di partenza e una giustificazione per ricercare e sviluppare metodi propri. A questa indeterminazione si aggiungono, mano a mano che i rilievi dei resti romani proseguono, le contraddizioni tra essi e il trattato di Vitruvio. Nel caso del capitello ionico misurazioni e rilievi evidenziano il fatto che i capitelli presentano volute in cui la distanza tra le spire diminuisce progressivamente verso il centro e in cui gli avvolgimenti sono solitamente tre, contraddicendo in parte, o rendendo quantomeno ancora più oscure, le indicazioni vitruviane. Tra capitello e capitello vi sono inoltre differenze di misura e di forma significative [16]. I metodi sviluppati nel Rinascimento rappresentano la reazione della cultura rinascimentale a questa situazione di incertezza e contraddizione. Ogni autore va alla ricerca di un modello proprio del capitello ionico, che deriva da una propria interpretazione critica delle fonti letterarie e archeologiche, utilizzando il disegno come uno strumento di analisi formale [17]. Gli scopi della ricerca sull'antichità si trasformano progressivamente da imitazione di questa a ricerca e invenzione di regole progettuali da applicare a progetti concreti [18]. IL DISEGNO DELLA VOLUTA
Per confrontare fra loro le costruzioni abbiamo scelto di ridisegnarle a partire dalle indicazioni contenute nei testi originali, utilizzando un moderno programma di disegno architettonico assistito all'ordinatore. Questo procedimento impone da un lato una comprensione accurata del metodo, annullando errori di disegno e approssimazioni, dall'altro consente di ricavare una serie di dati numerici altamente precisi direttamente dai disegni che ci serviranno per proporre una prima serie di osservazioni, sulla cui base inoltrarsi nell'analisi matematica delle costruzioni. SERLIO Per descrivere l'ordine numerico dei centri, che è l'informazione più importante del metodo elaborato da Serlio, egli rimanda esplicitamente ad una figura [21], in cui però la numerazione è indicata in modo quantomeno dubbio se non errato (invece di 1-3-5-nil-6-4-2, corretto, il disegno indica nil-1-3-5-6-4-2 dove nil è il punto senza numerazione). L'errore è riscontrabile in molte edizioni italiane successive, in cui la xilografia originale è stata riutilizzata, e viene corretto solo con le edizioni europee del trattato [22]. Dopo un iniziale sconcerto (poiché il metodo è famoso e nessuna fonte da noi consultata segnala dubbi sulla numerazione) e procedendo per tentativi, l'errore e la conseguente numerazione corretta può però essere ricostruita. Stupisce comunque che una illustrazione tanto importante non sia stata corretta che in edizioni molto tarde, realizzate fuori d'Italia [23], soprattutto considerando che il trattato di Serlio è il primo riccamente illustrato, in cui la figura disegnata è l'elemento fondamentale, mentre il testo è ridotto a didascalia. La voluta disegnata da Serlio ha la caratteristica di compiere tre giri completi prima di chiudersi sull'occhio. Il metodo dei sei punti è molto ingegnoso nella sua semplicità, dovendo probabilmente qualcosa a Leon Battista Alberti, che nel suo De re aedificatoria, edito nel 1483 propone di costruire la voluta con semicerchi, centrati alternativamente nel punto superiore e in quello inferiore dell'occhio [24], senza però fornirne un disegno [25]. SALVIATI La voluta di Salviati è costituita da 12 quarti di cerchio, i cui centri sono situati dentro l'occhio, lungo le diagonali di un quadrato tracciato in esso e interno a un quadrato più grande, circoscritto dall'occhio e ruotato di 45° rispetto al quadrato più interno. Le diagonali del quadrato più interno vengono divise in sei parti uguali, identificando un totale di 12 punti. Numerati progressivamente da 1 a 12 in senso orario dall'esterno verso l'interno, essi sono i centri dei rispettivi quarti di cerchio che vanno tracciati man mano, spostando ogni volta la punta dei compasso nel centro successivo. Il metodo è di notevole semplicità ed eleganza formale, pensato per chi ha familiarità con il disegno.
Il testo euclideo tratta in effetti il problema di circoscrivere un triangolo dato con un cerchio, ed è quindi equivalente a determinare il centro di una circonferenza di cui sono noti tre punti. Salviati rende tuttavia attenti a un problema (che verrà poi parzialmente eluso dai successivi propagatori del suo metodo): due centri successivi devono risultare allineati con il punto di contatto fra i loro rispettivi archi di cerchio [28]. Se questo non avviene la curva appare come "spezzata" e la voluta spigolosa. Anche qui Salviati fa esplicito riferimento agli Elementi di Euclide. Nel testo egli rimanda alla "terza decima propositione" [29], ma il riferimento è impreciso, mancando il numero del libro. La proposizione considerata è la tredicesima del III libro, in cui Euclide dimostra che un cerchio non può essere tangente a un altro cerchio in più di un punto. Nella dimostrazione di questa proposizione viene utilizzata la proposizione undicesima, in cui Euclide dimostra che il punto di contatto fra due cerchi e i due rispettivi centri si trova sulla stessa retta. Questo è il vero riferimento di Salviati, anche se il suo significato geometrico appare chiaro solo quando viene utilizzato da Euclide per la dimostrazione alla proposizione tredicesima. Tutto ciò è ben visibile nella figura 3, nel passaggio dai punti più esterni a quelli interni del quadrato, dove abbiamo anche tracciato le linee che uniscono due centri successivi. Poiché Vitruvio non indica la diminuzione della voluta oltre il primo giro, e poiché mantenendo la diminuzione di 0,5 unità ogni quarto di giro la voluta ha solo due avvolgimenti con distanza regolare tra le spire, Salviati propone per il secondo giro una diminuzione di 1/3 di unità ogni quarto di giro, e per il terzo giro una diminuzione di 1/6 di unità ogni quarto di giro, procedendo poi alla determinazione di tutti i centri, formulando quindi la sua regola di costruzione [30]. Il metodo di Salviati sarà reso universalmente noto da Vignola [31], da Palladio [32], e da Scamozzi [33] che lo presentano però in modo semplificato. Le riflessioni di Salviati sulla discontinuità della curvatura nei passaggi cruciali tra il primo e il secondo giro e tra il secondo e il terzo giro non vengono più evidenziate [34]. PHILANDRIER - DÜRER Per tracciare la voluta di Philandrier è necessaria l'esecuzione di un disegno preparatorio: un triangolo ABC rettangolo di base 3,5 e di altezza 4,5 unità. Nell'angolo retto in C viene centrato l'occhio. Il vertice A viene collegato con il punto d'intersezione tra il cateto BC e l'occhio. Centrando in A il compasso con apertura AC si disegna un arco. La porzione di arco tra l'ipotenusa ed il segmento già disegnato viene divisa in 24 parti uguali. I punti così ottenuti vengono proiettati con centro in A sul cateto BC individuandovi 24 punti.
Il risultato è una voluta molto arrotondata, che in tre giri si chiude sull'occhio. Philandrier cita esplicitamente Alberti, Dürer e Serlio come suoi predecessori nello studio della voluta ionica [38] senza tuttavia fornire particolari. In realtà il metodo è in Dürer già molto perfezionato e permette di disegnare facilmente molte spirali diverse. Dürer era interessato al problema del tracciamento di curve spirali con metodi geometrici diversi dalla costruzione per archi di cerchio, e non era interessato al problema vitruviano della determinazione dei centri. Gli archi di cerchio, che Philandrier dice di utilizzare nel collegare i punti trovati (Dürer non da indicazioni al riguardo) sono dunque elementi marginali. L'idea generatrice è completamente diversa dagli altri due metodi. CARATTERISTICHE MATEMATICHE DEI METODI
La differenza di percorso tra la voluta serliana e quella salviatiana è veramente minima ed esse si sovrappongono in molti punti. Se le osserviamo separatamente abbiamo l'impressione che quella serliana sia inclinata a destra, ma si tratta di un effetto ottico. Quella di Philandrier si scosta da esse invece abbastanza chiaramente specie nel secondo giro, più largo, e raggiunge l'occhio solo con un'accelerazione nel finale. Stiliamo una tabella con il valore dell'ampiezza dell'angolo (in radianti) e la lunghezza dei raggi r(a) in funzione dell'angolo per una serie di punti comuni. Con raggio si intende la distanza dei punti della voluta dal centro O del sistema di coordinate polari. I valori di r(a) sono stati misurati direttamente dai disegni al computer, approssimando a 3 cifre decimali [39]. Ricordiamo che abbiamo a che fare con metodi grafici, un approccio algebrico non è interessante a priori, ma solo se le costruzioni dovessero presentare delle caratteristiche interessanti. Coerentemente con il processo costruttivo per semicerchi, quarti e ottavi di cerchio abbiamo rilevato 6 punti per Serlio, 12 punti per Salviati e 24 punti per Philandrier. Ricordiamo che per nostra convenzione la voluta si svolge dall'occhio, cioè la distanza dall'occhio cresce con l'aumento del valore di a:
Riportiamo i dati dalla tabella in un grafico cartesiano, con in ascissa il valore di ed in ordinata quello di r(a). La rappresentazione cartesiana, al contrario di quella polare (cioè i disegni già eseguiti) ci permette di visualizzare meglio il modo in cui cresce la distanza della voluta dal centro dell'occhio. Il grafico ci conferma che le lunghezze dei raggi della voluta di Serlio e di Salviati si differenziano di pochissimo, e nel grafico 1 risultano praticamente sovrapposte. L'andamento dell'aumento del raggio della voluta di Dürer-Philandrier si discosta dalle altre due nei primi due giri, ha una crescita iniziale molto più regolare, anche se non lineare, quindi più veloce mano a mano che aumenta. Il modo in cui i raggi crescono può aiutarci a capire se delle curve interessanti da un punto di vista matematico si nascondono dietro questi tre sistemi, e se ha senso verificare se queste volute corrispandono, approssimativamente o rigorosamente, a equazioni di spirali note. Nel seguente diagramma abbiamo dunque rappresentato la crescita (differenza tra raggi consecutivi) dei raggi delle volute: Il grafico mostra chiaramente come le differenze dei raggi delle volute di Serlio e Salviati siano diverse per ogni giro successivo. All'interno di ogni giro invece la crescita dei raggi è quasi costante. L'equazione di una curva a spirale la cui crescita della distanza dal centro O è costante è l'equazione di una spirale archimedea r(a) = aa + b (a, b reali). Il grafico 2 mostra chiaramente come ogni giro delle due volute sia un troncone di spirale archimedea, definibile attraverso un'equazione di questo tipo con parametri a e b differenti. I grafici 1 e 2 mostrano come andare alla ricerca di una corrispondenza tra singole equazioni di spirali note e le curve disegnate da Serlio e Salviati perda di significato. Il grafico 1 indica bene la caratteristica che ogni ipotetica curva in grado di approssimare più o meno precisamente i punti di Serlio e di Salviati deve avere: essa deve essere monotona crescente (per scelta nostra la voluta si svolge dall'occhio verso l'esterno) e convessa nell'intervallo tra p/2 e 13p/2 (la distanza delle spire aumenta con l'allontanarsi dall'occhio). Il numero di possibili equazioni che soddisfano queste condizioni è infinito. Per esempio è possibile determinare i parametri a, b e c di una funzione polinomiale di secondo grado r(a) = aa2 + b + c (a, b, c reali) in modo che essa approssimi al meglio le due costruzioni viste. In questo caso ci troveremmo di fronte a una spirale di tipo parabolico [40]. Nulla ci impedisce inoltre di considerare polinomi di grado superiore al secondo. Anche l'equazione r(a) = aeab + c (a, b, c reali) della spirale logaritmica risponde alle caratteristiche di crescita e di convessità indicate, e mediante una corretta scelta dei parametri a, b, c può approssimare i punti noti. Il discorso per la voluta di Philandrier è diverso. Il grafico 2 mostra una crescita dei raggi progressiva, che non procede a salti. La costruzione non sembra essere composta di parti distinte, ed è interessante cercare di capire se essa può o meno essere approssimazione di un qualche tipo di spirale. Originariamente la costruzione appare nel trattato di Dürer dopo il metodo per costruire la spirale archimedea, come variante di quest'ultima, quando si vogliano costruire spirali che diventano sempre più strette verso il centro. La sua costruzione, ripresa poi da Philandrier per la voluta ionica, è in realtà, a differenza di quelle di Salviati e Serlio, costruita per punti poi collegati con archi di cerchio, che, avverte Dürer, potrebbero essere tracciati anche a mano libera. Il procedimento di Dürer è molto più generale: il trattato presenta una spirale costruita con 24 punti, che possiamo ripartire sia su 12 raggi distribuiti su 2 giri, sia 8 raggi distribuiti su 3 giri -- mantenendo in realtà libera la scelta del numero di giri in cui deve concludersi la voluta. Inoltre il numero dei punti fissi del tracciamento può aumentare a piacere, accrescendo il numero delle suddivisioni dell'arco del triangolo (ma costringendo poi a tracciare un maggior numero di archi di cerchio sempre più piccoli per collegare i punti). Dürer stesso indica inoltre come sia possibile costruire una spirale più stretta o più larga verso il centro variando l'inclinazione del cateto del triangolo, trasformando l'angolo da retto in ottuso. Dürer, che non era alla ricerca di un metodo per la costruzione della voluta ionica, è principalmente solo interessato alla costruzione delle spirali. La costruzione divulgata da Philandrier è un caso particolare di tutta una serie di spirali possibili, che Philandrier applica al capitello ionico. Completiamo la costruzione preparatoria della figura 4 con qualche indicazione supplementare per permetterci alcune considerazioni: A questo punto possiamo calcolare i valori dei raggi partendo dagli angoli e , ottenendo:
La funzione generatrice di questa costruzione è dunque
una funzione trigonometrica. Importante notare che anche se la
formula (1) sembra essere funzione del numero di raggi e non
dall'angolo ciò non è vero, poiché ogni
raggio è in corrispondenza con un angolo preciso e determinato
.
I giri che la spirale compie prima di raggiungere l'occhio sono definiti a denominatore dell'argomento con il valore 6p=3*2p=3 giri. Un aumento o una diminuzione di questo valore fa compiere alla spirale più o meno giri, cioè k*2p nel caso di k giri con . CONCLUSIONI Tuttavia, se due metodi si sono evidenziati per essere effettivamente
solo costruzioni geometriche, certo approssimabili per mezzo
di funzioni, ma che non sono esse stesse approssimazioni di particolari
curve (né nell'intenzione dei loro creatori né
nelle loro caratteristiche), uno dei tre metodi presenta caratteristiche
interessanti anche dal punto di vista matematico. Salviati e Serlio non erano invece alla ricerca di metodi per approssimare spirali, ma solo di metodi per compiere un disegno che mediasse tra quanto veniva alla luce dallo studio di Vitruvio e degli antichi monumenti. Relativamente all'aspetto geometrico Salviati e Serlio sono soprattutto interessati alla determinazione dei centri degli archi di cerchio (problema di derivazione vitruviana) che costituiscono la curva. I loro metodi non fanno riferimento a nessuna particolare spirale nota, essi sono solo imitazione dell'idea di spirale, pensati su misura per il capitello ionico, al contrario della costruzione di Dürer, molto più generale. Dal punto di vista matematico possiamo affermare che essi sono costituiti da tre tronconi di spirale archimedea, e esistono infinite curve continue in grado di approssimarli sui tre giri completi. La loro natura geometrica non permette generalizzazioni, ma li rende di facile intuizione e applicabilità immediata. In particolare la costruzione di Salviati ha avuto un'enorme fortuna, ed è stata ripresa in innumerevoli trattati di architettura dal Cinquecento all'Ottocento [41]. NOTE [2] M. Vitruvio Pollio, De Arquitectura Libri Decem. Il testo è l'unica opera di archittetura pervenutaci dall'antichità, redatta probabilmente verso il 30 a.c. Per un'edizione critica contemporanea di Vitruvio cfr. P. Gros (a cura di), Vitruvio De arquitectura, Einaudi, Torino 1997. In appedice cfr. anche il saggio di M. Losito La ricostruzione della voluta del capitello ionico vitruviano nel Rinascimento italiano, che affronta il tema delle diverse fonti archeologiche e letterarie e della loro interpretazione. ritornare al testo [3] Roma è tra la metà e la fine del Quattrocento al centro di un intenso programma di studio dell'antico promosso da papa Leone X. Protagonisti ne sono il Bramante, Simone Pollaiolo detto il Cronaca e Giuliano da Sangallo. Le altre vestigia dell'antichità, sparse per l'antico territorio dell'impero (specie quelle fuori d'Italia, ma anche le rovine della Magna Grecia in Campania e Sicilia), sarebbero state ignote o ignorate ancora per molto tempo. Cfr. H. Milton - V. M. Lampugnani (a cura di), Rinascimento da Brunelleschi a Michelangelo, Bompiani, Milano 1994; in particolare il contributo di H. Günther "La rinascita dell'antichità", pag. 259 ss. Cfr. anche G. Agosti, V. Farinella (a cura di), Michelangelo. Studi sull'antichità dal Codice Coner. UTET, Torino 1997. ritornare al testo [4] R. Recht, Il disegno di architettura, Jaka Book, Milano 2001, p. 135. ritornare al testo [5] H. W. Kruft, Storia delle teorie architettoniche. Da Vitruvio al Settecento. Laterza, Bari 1998, pag 79 ss. ritornare al testo [6] Chistopher Johst, "Lo studio dell'antico", in Rinascimento da Brunelleschi a Michelangelo. Op. cit. ritornare al testo [7] M. Vitruvio Pollio op. cit., libro III. ritornare al testo [8] Templi in stile ionico vengono edificati in Grecia e in Asia Minore a partire dal 550 a.c. Cfr. W. Koch, Baustilkunde, Bertelsmann, Gütersloh 1998, p. 10 ss. I romani utilizzano l'ordine ionico in diverse tipologie di edifici pubblici: templi, terme, palazzi, anfiteatri, come il famoso Tempio della Fortuna Virile a Roma. ritornare al testo [9] Cfr. E. Forsmann, Ionico, Dorico, Corinzio nell'architettura del Rinascimento, Laterza, Bari 1988; in special modo il capitolo II. ritornare al testo [10] A. Desgodetz, Les Edifices Antiques de Rome, Parigi 1682 - Particolare della tavola di rilievo del capitello ionico. ritornare al testo [11] P. Gros (a cura di), Vitruvio, op. cit. libro III, p. 256. ritornare al testo [12] Ivi. "Deinde hae lineae dividantur ita, ut quattuor partes et dimidia sub abaco relinquantur. Tunc in eo loco, qui locus dividit quattuor et dimidiam et tres et diidiam partem centur oculi conlocetur signeturque ex eo centro rotunda circinatio tam magna in diametro, quam una pars ex octo partibus est. Ea erit oculi magnitudine, et in ea catheto respondens diametros agatur". ritornare al testo [13] Ivi. "Tunc ab summa sub abaco inceptum, in singularis tetrantorum actionibus dimidiatum oculi spatium minuatur, deinde in eundem tetrantem qui est sub abaco veniat". ritornare al testo [14] 4.5 - 8*0.5 = 0.5 che è il raggio dell'occhio. ritornare al testo [15] M. Carpo, L'architettura nell'età della stampa, JakaBook, Milano 1998, p. 22. Secondo l'autore anche gli altri disegni citati nel testo vitruviano, in tutto 10, sono tutti schemi geometrici elementari e non elementi architettonici veri e propri. ritornare al testo [16] Cfr. T. Ashby, "Sixteenth-century drawings of roman buildings attributed to Andreas Coner", in Papers of the British School at Rome, vol. II, Macmillan, London 1904. L'articolo presenta il cosiddetto "Codice Coner", una raccolta di schizzi di antichità romane con misurazioni molto accurate, redatto a Roma presumibilmente verso il 1515. Una serie di tavole presenta anche rilievi di vari capitelli ionici, con volute assai diverse fra loro, solitamente a tre giri. ritornare al testo [17] Cfr. R. Recht, op. cit., sul ruolo del disegno come mezzo per attualizzare un testo antico e una cultura architettonica vecchia di secoli; cfr. anche M. Carpo, op. cit., per il ruolo che la diffusione della stampa gioca nell'affermazione del disegno come mezzo di comunicazione di idee. ritornare al testo [18] H. Günther, op. cit., p. 266. ritornare al testo [19] AA. VV., Dizionario Collins della Matematica, Gremese, Roma 1995. "Spirale: una qualsiasi curva piana formata da un punto che ruota intorno ad un altro punto fisso, aumentando continuamente la distanza da quest'ultimo." ritornare al testo [20] S. Serlio, Regole generali di architettura sopra le cinque maniere degli edifici ( ) con gli esempi delle antichità che, per la magior parte, concordano con la dottrina di Vitruvio, Venezia 1537, p. 160. In realtà il libro, nonostante l'indicazione IV libro che porta, è il primo edito della serie che compone il trattato di architettura. ritornare al testo [21] Ivi. "L'occhio sia diviso in parti sei, e posto li numeri come si vede in figura si mette una punta del compasso sopra il numero 1 e l'altra punta sotto la cimasa, circuendo in giù fino al cateto..." ritornare al testo [22] Cfr. per esempio le edizioni veneziane del 1566 e del 1588 che presentano tutte la numerazione errata. L'edizione basilese in tedesco del 1609 presenta invece la numerazione corretta. ritornare al testo [23] Tuttavia il primo impulso è naturalmente
quello di fidarsi del disegno, postulando un errore di qualche
altro tipo. E' possibile infatti costruire una voluta ionica
anche con le indicazioni "errate" di Serlio, per fare
in modo che l'approssimazione della spirale si chiuda sull'occhio,
bisogna però variare alcune grandezze date sia nel testo
di Serlio e quindi in quello di Vitruvio. Poiché l'ultimo raggio dev'essere per
costruzione lungo 4/6 d0, otteniamo per l'occhio un diametro d0 = 4/3 anziché
di 1 come indicato nel testo di Vitruvio, inoltre la voluta diventerebbe
più grande (8 + 4/9 unità anziché 8). Uguagliando di nuovo il raggio minore a 4/6 d0 si ottiene un diametro dell'occhio d0 = 9/7. ritornare al testo [24] Leon Battista Alberti, De re aedificatoria, Firenze 1483. Libro settimo, cap. VIII. Il cerchio maggiore misura 8 unità, l'occhio 1 unità. Il centro dell'occhio è abbassato di 1 unità rispetto al centro del cerchio maggiore. Due sono i punti in cui alternativamente fermare il compasso: quello superiore e quello inferiore dell'occhio, iniziando da quello superiore. Poiché il raggio delle semicirconferenze diminuisce di 1,0 unità ogni volta, essendo il primo raggio 4,0 unità, con quattro operazioni gli archi vanno a terminare sull'occhio e la voluta è formata. La voluta ha solo due avvolgimenti e la distanza fra le spire rimane costante. In questo la soluzione si adatta molto bene alla ipotetica voluta di Vitruvio, ma prescinde da un confronto critico con i resti antichi. È interessante però notare la semplicità del metodo albertiano in cui si riconosce in parte l'ispiratore di Serlio. ritornare al testo [25] H. W. Kruft, op. cit., p. 35. Alberti scriveva in latino soprattutto per una élite colta di umanisti. Il suo testo è edito inizialmente senza illustrazioni. L'editio princeps del 1485 (ma il trattato era gia terminato nel 1452, prima che Alberti affrontasse concreti incarichi edilizi) non aveva disegni. La prima edizione illustrata è quella fiorentina del 1550, curata da Cosimo Bartoli. Il disegno della voluta presente in questa edizione appare, ad un esame approfondito, sbagliato: l'occhio è posizionato più in basso del dovuto. Solo il testo ne chiarisce bene la posizione. ritornare al testo [26] Giuseppe Salviati, Regola di far perfettamente col compasso la voluta jonica et del capitello ionico et d'ogni altra sorte, Venezia 1552. Ripubblicato in: G. Selva, la Voluta Jonica, Padova 1814. Edizione moderna a cura di E. Balistreri, Cetid, Venezia 2000, pag. 105 ss. ritornare al testo [27] Ivi. ritornare al testo [28] Ibidem, p. 106. " sarà il congiungimento dell'un arco con l'altro parallelo con il suo centro allato [accanto] del seguente quarto " ritornare al testo [29] Ivi. ritornare al testo [30] Ivi. ritornare al testo [31] J. Barozzi da Vignola, Regola delli Cinque Ordini di Architettura, Roma 1562. ritornare al testo [32] A. Palladio, I quattro libri dell'architettura, Venezia 1570. ritornare al testo [33] V. Scamozzi, L'idea dell'architettura universale, Venezia 1615. ritornare al testo [34] Da notare come anche il metodo che sviluppa Salviati sia approssimativo. Se proviamo infatti a seguire le sue indicazioni e ricerchiamo tutti i centri dei dodici quarti di cerchio secondo la sua regola (con un moderna applicazione CAD) scopriamo che non sono propriamente disposti sulle diagonali di un quadrato, ma leggermente ruotati. Abbiamo però deciso di basarci inicamente sulle indicazioni del testo originale. ritornare al testo [35] G. Philandrier, Gulielmi Philandri Castilionii in decem libros M. Vitruvii Pollionis de Arquitectura Annotationes, Roma 1544. L'opera avrà grande fortuna e numerose edizioni successive. Cfr. F. Lemerle, Les annotations de Guillaume Philandrier sur le De Arquitectura de Vitruve, Picard, Parigi 2000. (Fac-simile dell'edizione lionese del 1552 con ricco apparato critico). ritornare al testo [36] A. Dürer, Underweysung der Messung mit dem Zyrckel und Richtscheyt, Norimberga 1525. Dürer non dà indicazioni su come abbia elaborato i metodi che presenta. Un interessante commento al testo è consultabile all'indirizzo http://www.mathe.tu-freiberg.de/~hebisch/cafe/duerer/spiralen.html. ritornare al testo [37] Vignola, Regola, op. cit. ritornare al testo [38] G. Philandrier, op. cit., in F. Lemerle, op. cit., p. 156 ss. ritornare al testo [39] Un calcolo algebrico è naturalemente possibile, anche se nel caso di Salviati piuttosto lungo, per l'applicazione ricorsiva del teorema di Pitagora con dati irrazionali. Per la costruzione di Serlio ciò è molto semplice: la lunghezza del raggio deriva direttamente dalla regola di tracciamento. ritornare al testo [40] Per Salviati abbiamo a= 80/10000, b= 364/10000 e c= 4291/10000, per Serlio a= 80/10000, b= 354/10000 e c= 4404/10000. ritornare al testo [41] La costruzione di Serlio viene abbandonata col tempo, mentre le altre verranno riprese in moltissime pubblicazioni. La redazione di una lista completa dell'uso dei metodi di Salviati e di Dürer-Philandrier da parte dei teorici di architettura che li hanno seguiti va oltre lo scopo di questo contributo. Forse più interessante segnalare che l'olandese Nikolaus Goldmann (1632-1665) svilupperà nel suo Vollständige Anweisung zu der Civil-Bau-Kunst, Wolfenbüttel 1696 (edito postumo da Leonhard Christoph Sturm) un metodo ancora diverso, che non abbiamo preso in esame poiché nasce in un contesto culturale più tardo, basato su un triangolo equilatero con un vertice nel centro dell'occhio e il lato opposto tangente all'occhio. Questo metodo è stato ripreso in particolare dai teorici inglesi James Gibbs (1682-1754) e William Chambers (1723-1796). Cfr. W. Chambers, A treatise on the decorative part of civil architecture, Priestley and Weale, London 1825 Tav. 9 "Goldmann volute". I tre metodi coesistono l'uno accanto all'altro nell'opera di Augustin-Charles D'Avilier, Cours d'architecture qui comprend les Ordres de Vignole. Nouvelle édition enrichie de nouvelles planches, Pierre-Jean Mariette , Paris 1760. Le tav. 21, 22, 23 illustrano i tre metodi. La tavola con il metodo di Salviati è in particolare molto curata, e contiene la precisazione relativa alla necessità che due centri successivi si trovino su una stessa retta. ritornare al testo ABOUT THE AUTHORS Mirko
Galli nato nel 1969, lauretato
in architettura all'ETH di Zurigo nel 1995. Affianca all'attività
di architetto l'insegnamento, la critica e la ricerca storico-archittonica.
Autore di diversi articoli e saggi di storia dell'architettura.
Vive e lavora a Lugano.
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