Iannis Xenakis -- Architetto della luce e dei
suoni |
Alessandra Capanna Laboratorio Multimediale di Architettura Università
di Roma "La Sapienza" Via Antonio Gramsci,
53 - 00197 Rome Italy
English version
Il 4 febbraio di quest'anno è scomparso
uno dei musicisti contemporanei più celebri, alla stregua
di Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen. Un musicista, ma anche
un teorico e un ricercatore puro che, ponendo alla base di tutte
le sue articolazioni compositive il pensiero matematico, si avvicina
nel modo di operare più a quello di un filosofo della
scienza che a quello caratteristico degli artisti, uomini capaci
di creazioni istintive, attratti da una ricerca estetica alle
volte dichiaratamente fine a se stessa. Si tratta
di Iannis Xenakis [1]
(Figura 1, a sinistra), una figura singolare di uomo e di compositore
che incarna quella di architetto della musica. Una caratterizzazione
che è stata attribuita a molti grandi autori del passato
(da Bach a Brahms a Schönberg), ma che nel caso di Xenakis
aderisce in modo particolare, non solo per essere stato architetto
dello spazio costruito, collaborando per dodici anni nello studio
parigino di Le Corbusier durante le sue prime esperienze come
autore di un nuovo genere musicale, ma soprattutto per la tendenza
ad impossessarsi di uno stile demiurgico attraverso la speculazione
sul concetto di simmetria, sull'idea delle masse e dello spazio-tempo. La sua formazione sociale e culturale avviene negli
anni della guerra civile greca, a cavallo degli anni Quaranta,
nel clima impetuoso del Politecnico di Atene ove si delinea una
personalità tormentata per la quale l'interesse politico
non solo si configura come una sorta di necessità, ma
trova alimento nel senso più profondo dell'essere greco
e così le avventure spesso tragiche legate agli scontri
in piazza, cruenti e feroci, si fusero alla lettura maniacale
e parossistica della Repubblica di Platone e ad un neopitagorismo
alle volte dilagante, soprattutto nella seconda fase della sua
vita. Xenakis quindi era tra i componenti dell'Atelier
di Le Corbusier dagli anni immediatamente successivi alla Seconda
Guerra Mondiale. Egli è menzionato nel Modulor 2
come autore di studi sui pans de verre ondulatoires collegati
alle ricerche musicali messe in pratica nella sua prima opera
per orchestra Metastasis; si trova nell'elenco dei collaboratori
dello studio di rue de Sèvres che Jean Petit elabora per
il suo libro su Le Corbusier; è figura centrale nel rinnovato
interesse per le esperienze legate allo stretto legame tra architettura
musica e matematica. Coloro che presentano Xenakis
come un greco antico capitato nel mondo moderno si avvalgono
di un'immagine forse un po' romantica, nella quale tuttavia si
individuano i tratti di interessi mai sopiti e che nel nostro
secolo furono sottolineati anche da Matila Ghyka che nel suo
libro sulla Sezione Aurea afferma che una certa cultura greca,
quella forse più esoterica dei Pitagorici, attraversa
la cultura occidentale come un fiume sotterraneo. Nello
studio di rue de Sèvres scorreva questo fiume e qui alla
fine del 1947 il giovane Xenakis incontrò un humus fertile
per le sue ossessioni compositive. In particolare le lezioni
del maestro sui tracciati regolatori, sullo spirito matematico
del Modulor e sul contrasto tra l'armonia della natura e l'intellettualismo
delle regole si fusero con gli studi che in musica egli andava
sperimentando sulle masse sonore, sulle loro variazioni regolari
ed irregolari, sul rapporto aureo applicato alle scale di variazione
dimensionale dei singoli elementi costitutivi delle composizioni. Quando, all'inizio del 1956, la Philips contattò
Le Corbusier perché progettasse il padiglione per l'Esposizione
Universale di Bruxelles, Xenakis aveva già fatto l'esperimento
della forma grafica dei glissando che descrivevano alcune trasformazioni
continue dello spazio sonoro con Metastasis, l'opera per
orchestra già precedentemente ricordata, che a sua volta
era stata fortemente influenzata dalla lettura lecorbusieriana
della scala proporzionale derivante dalle successioni di Fibonacci
associate all'applicazione del rapporto aureo. La
prerogativa più evidente delle riflessioni lecorbusieriane
in merito alle proporzioni armoniche è quella di mostrarsi
cosciente del fatto che insistere sul carattere iniziatico, alle
volte magico-rituale, del numero aureo non sembrava coerente
con l'interesse scientifico ad esso collegato, quello, in particolare
che consentiva di elaborare una griglia geometrica alla base
della quale stabilire norme dimensionali per l'unità abitativa
votata alla prefabbricazione. Questo atteggiamento
razionale - più coerente con il ragionare in termini matematici
- sembra avvicinare ancora di più la figura del maestro
di rue de Sèvres all'allora giovane musicista che, bisogna
ricordare, non era ancora esploso in questo campo, ma si muoveva
con grande indipendenza negli ambienti più estremi della
ricerca contemporanea, mondi nei quali peraltro si agitava lo
stesso Le Corbusier, i cui interessi nelle varie forme dell'espressione
artistica erano sempre vivi. Tra gli oggetti a
reazione poetica progettati nello studio di rue de Sèvres,
il padiglione Philips pare riassumere gli intenti più
schietti, liberato dalla stereometria rigida degli angoli retti
e dal platonismo dei volumi puri.[2] La forma deriva dalla
contaminazione dell'idea iniziale della bottiglia con gli studi
matematici di Xenakis sui conoidi iperbolici.
Fu nel mese di ottobre del 1956 che egli ricevette da Le Corbusier
l'incarico di tradurre i suoi schizzi attraverso la matematica. Lo sviluppo di questa idea in forma architettonica
passa attraverso un processo compositivo per il quale è
difficile affermare se la struttura matematica proceda o preceda
l'immagine. Certamente vi si ravvisano momenti altalenanti di
prevalenza dell'una sull'altra che sono raccontati nel libro
Musica. Architettura [3] che riserva un intero capitolo a questa
esperienza progettuale.
Per il momento solo il cemento è all'origine della
nuova architettura. Esso prepara il letto in cui le materie plastiche
di domani formeranno il fiume ricco di forme e di volumi racchiusi
non solo nelle entità biologiche ma soprattutto delle
matematiche più astratte.
E' l'affermazione di Xenakis al termine della lunga e dettagliata
dissertazione sul Padiglione Philips.
Questa singolare aventura compositiva conforta la tesi che alla
base di taluni eventi architettonici, forse quelli che celebrano
in modo più completo l'iter che va dall'idea come pura
astrazione alla sua realizzazione, sono i concetti il cui sviluppo
è possibile attraverso l'intervento della matematica,
perché:
... alcuni rapporti tra musica e architettura sono molto
semplici da intuire confusamente, delicati da precisare e definire,
e non è impossibile metterli in dubbio, poiché
tutto ciò che è estetico è incerto. Ma a
me sembravano clamorosi. È chiaro che musica e architettura
sono entrambe arti che non hanno bisogno di imitare le cose;
sono arti in cui materia e forma hanno tra loro un rapporto più
intimo che altrove; l'una e l'altra si rivolgono alla generale
sensibilità. Entrambe ammettono la ripetizione,
mezzo onnipotente; entrambe ricorrono agli effetti fisici della
grandezza e dell'intensità, con cui possono stupire i
sensi e la mente sino all'annichilimento. Infine, la loro
rispettiva natura permette un'abbondanza di combinazioni e sviluppi
regolari che le collegano o le confrontano con la geometria e
l'analisi. [4]
La logica innovativa introdotta da Xenakis non riguarda solo
un nuovo modo di affrontare il problema della costruzione delle
strutture compositive, che esplicitamente rimanda a ragionamenti
"antichi", ma presuppone la conoscenza e l'intuizione
profonda da parte dell'architetto e del musicista delle nuove
teorie legate al problema delle simmetrie. Non più e non
solo caratterizzate da regolarità geometriche alle volte
fin troppo evidenti, ma viste come parte sia della teoria dei
gruppi che del calcolo delle probabilità; così
sarà più facile intendere l'asimmetria come un'estensione
della simmetria e più in generale, nel campo della speculazione
probabilistica, affermare che anche il caso non si improvvisa. Non esisterebbe quindi quella libertà totale
alla quale il termine asimmetria, usato spesso in sostituzione
della parola irregolarità, sembrava alludere, perché
oggi sappiamo che anche questa ultima non presuppone necessariamente
l'assenza di regole. Basti pensare alla vasta produzione di musica
aleatoria, al decostruttivismo e a tutti quei fenomeni compositivi
nei quali la forma caotica risulta essere il traguardo di una
ricerca paziente e transeunte sulla condizione attuale del cosmo.
Già negli anni Cinquanta Xenakis sviluppava pensieri del
genere e si interrogava innanzi tutto su cosa fosse una regola
in composizione, se fosse possibile, per contrasto, produrre
qualcosa in musica o in qualsiasi altro campo in totale assenza
di regole, ovvero in maniera assolutamente libera. Stravinsky
insisteva sul fatto che per fare della musica sono necessarie
le regole, lo stesso Xenakis affermava meno di dieci anni fa
di essere convinto che
Bach, Beethoven o Bartók quando scrivevano le loro
composizioni facevano dei calcoli, sia pure relativamente semplici.
Si trattava di calcolare, disporre secondo un dato ordine, compiere
delle operazioni di organizzazione intellettuale, ma al di fuori
di questi calcoli ci sono le decisioni che intervengono per fare
in modo che quei calcoli siano più o meno evidenti, scompaiano
momentaneamente in un gioco di ellissi e ritornino.[5]
L'idea cardine della composizione che in tal modo si configura
risulta essere una specie di contaminazione tra il pitagorismo
dei numeri e la dialettica parmenidea, se analizzata dal particolare
punto di vista di Xenakis di una classicità prossima ventura,
così la necessità, la causalità, la giustizia
si confondono con la logica e, poiché l'essente nasce
da questa logica, il puro caso è impossibile quanto il
non essente.[6] Le operazioni attraverso le quali Xenakis trasferiva
formule, concetti e simboli matematici nelle sue composizioni
erano sempre dettati da un'opzione filosofica. Immerse nel clima
sfuggente delle sue ipotesi sul mondo e guidate da un forte desiderio
di astrazione, le sue opere impongono il passaggio dal calcolo
delle probabilità alla logica formale, fatto che segna
anche una sorta di recupero della matrice matematico-filosofica
del neopositivismo logico novecentesco. La composizione non è
dunque solo una metafora di percorsi logici, ma una loro rappresentazione
proiettata ora nel mondo dei suoni, ora in quello degli spazi,
oppure nei due universi all'unisono attraverso quelle complicate
strutture di luce, spazio e suoni che sono i Politòpi,
vere e proprie architetture sonore nate dalla convergenza della
memoria dell'immagine fisica del Padiglione Philips, delle speculazioni
teoriche su quella che viene definite come una nuova plastica
sonora e dal ricordo del rumore dei bombardamenti nelle campagne
dell'Attica, nel cielo notturno "striato dai riflettori
della difesa antiaerea e dalle linee segmentate dei proiettili
traccianti. ... ".[7] In queste spettacolari
rappresentazioni, coinvolgenti tutte le sfere della percezione,
lo spazio architettonico è concepito per contenere in
posizioni stabilite altoparlanti e proiettori di luce che interagiscono
vicendevolmente e le cui emissioni sono diffuse dalle pareti
interne con studiati e alle volte mutevoli effetti sul pubblico
rispetto alla sua casuale distribuzione. Si trattava
di installazioni architettoniche effimere, facenti parte della
sperimentazione sulla continuità strutturale, perseguita
attraverso l'applicazione rigorosa di un'idea matematico-formativa.
Stesso principio adottato anche nella composizione dei brani
musicali che ivi venivano fatti suonare, che alle volte risultano
privi di significato al di fuori di questi spazi e che in generale
adottano il principio della variazione della densità come
costante ideativa, della quale ancora oggi sono da sviscerare
tutte le potenzialità creative. Era inoltre
fatta propria la tesi del minimo delle regole, propria dalla
legge generale dell'entropia, che alcuni anni fa era molto studiata
per le potenzialità espressive nei vari campi artistici,
e che conduce direttamente ad una definizione semplice delle
composizioni stocastiche.
As a result of the impasse in serial music, as well as
other causes, I originated in 1954 a music constructed from the
principle of indeterminism; two years later I named it "Stochastic
Music". The laws of the calculus of probabilities entered
composition through musical necessity. But other paths also led
to the same crossroads first of all, natural events such as the
collision of hail or rain with hard surfaces, or the song of
cicadas in a summer field. This sonic events are made out of
thousands of isolated sounds; this moltitude of sounds, seen
as totality, is a new sonic event. This mass event is articulated
and forms a plastic mold of time, which itself follows aleatory
and stochastic laws. If one of then wishes to form a large mass
of point-notes, such as string pizzicati, one must know these
mathematical laws, which, in any case, are no more than a tight
and concise expression of chains of logical reasoning. Everyone
has observed the sonic phenomena of a political crowd of dozens
of hundred of thousands of people. The human river shouts a slogan
in a uniform rythm. Then another slogan springs from the head
of the demonstration; it spreads toward the tail, replacing the
first. A wave of transition thus passes from the head to the
tail
The statistical laws of these events, separated from
their political or moral context, are the same as those of the
cicades or the rain. They are the laws of the passage from complete
order to total disorder in a continuous or explosive manner.
They are stochastic laws. [8]
Con l'ausilio dell'elaboratore elettronico a Xenakis fu possibile
esplorare il vasto universo delle configurazioni basate sulla
variazione di densità sonora, nello stesso modo nel quale
si delineano le variazioni di densità materica o spaziale
applicando le formule probabilistiche. Ne derivò un'estensione
del concetto di entropia per l'introduzione di alcune operazioni
selettive all'interno del procedimento statistico, derivanti
dalla contaminazione con gli studi a catena che governano tali
modificazioni. Si tratta delle cosiddette catene markoviane,
esplorate dal matematico russo Andrej Andreievic Markov all'inizio
del Novecento e il cui meccanismo costitutivo nelle strutture
compositive, così come applicato da Xenakis, è
stato diffusamente descritto nel citato testo Musica Architettura,
nei capitoli "Tre poli di condensazione" e "Musica
stocastica e markoviana". Lo studio del comportamento
fisico dei fenomeni sonori permette allora di conoscere la struttura
interna delle densità musicali e di adottarla anche come
paradigma compositivo degli spazi ad essi complementari. A Xenakis interessava un concetto di musica capace
di andare oltre i confini della musica, sia attraverso lo sconfinamento
in altri mezzi espressivi, come avvenne per la trasformazione
degli schizzi grafico-musicali di Metastasis in schemi architettonici
per il Padiglione Philips, sia tramite la concezione poliestetica
dei Politòpi e dei Diatòpi, sia tramite tecniche,
spesso esaltate dall'ausilio dell'elaboratore elettronico, che
associano la costruzione grafica (comporre in quanto scrivere
una partitura) e la rappresentazione sonora (comporre per la
produzione del risultato sonoro).
In ordine cronologico il primo Politopo realizzato fu quello
del 1967 per il padiglione francese all'Esposizione di Montréal,
consistente in una struttura di cavi tesi all'interno di un grande
locale anonimo i cui grafici di studio della geometria descrittiva
dei conoidi delle falde di questa struttura, tutta introversa,
ricordano gli schizzi preparatori e i modelli in filo e carta
realizzati per l'Expo di Bruxelles. A Persepoli
poi l'installazione fu realizzata all'aria aperta: sullo sfondo
delle colline che incombono sull'Apadana si stagliavano intricate
reti di filamenti luminosi realizzati con fari d'automobile,
di luci in movimento comandate da studenti muniti di torce elettriche
che descrivevano percorsi casuali, in un clima festoso e di happening
coerente con lo scadere degli anni Sessanta. Spettacolo
analogo dovette tenersi a Cluny nel 1971 (Figura
2), ove il politopo fu installato
all'interno delle terme romane, commissionato dal direttore del
Festival d'Automne di Parigi, Michel Guy, che inizialmente intendeva
chiedere a Xenakis un'opera lirica moderna. Qui le ragnatele
di luce si materializzavano come tracce variabili di spirali
e arabeschi luminosi sulla volta delle terme ed erano prodotte
da 600 flash elettronici lampeggianti in una successione di 1/25
di secondo, comandati da una serie numerica predeterminata al
calcolatore che riproduceva la musica su un nastro digitale. Lo spettacolo richiamò migliaia di spettatori
perché là ove la critica musicale si trova spiazzata
dall'estremità stilistica come anche dalla polivalenza
dell'opera - e più ancora dai misteri matematici della
sua concezione, dalle raffinatezze tecnologiche della realizzazione
scenica e dagli effetti combinati di luce e suoni - il pubblico
si lascia guidare dalle sensazioni entrando solo così
in perfetta sintonia con il messaggio di Iannis Xenakis che è
sempre stato il giovane ateniese in piazza ai tempi della guerra
civile, l'apprendista stregone della fucina lecorbuseriana, permeabile
solo apparentemente alle meraviglie del nuovo e invece, come
si è visto, affascinato e interessato solo dalle logiche
più antiche e in qualche modo immanenti. Questo
Diatopo (Figura
3) sembra riassumere le ricerche
iniziate nell'atelier di Le Corbusier e, in definitiva, rappresenta
una sorta di conclusione di questa lunga prima fase di lavoro
di frontiera fu quella realizzata davanti al Beaubourg, per il
quale Xenakis concepì più progetti (Figura
4), ma quello che venne costruito
consisteva in una tenda di 1000 metri quadrati di vinile rosso
vivo semitrasparente, in modo tale che lo spettacolo fosse visibile
anche dall'esterno. Questo guscio ha pressoché la forma
esterna, semplificata, del Padiglione Philips e contiene al suo
interno la rappresentazione di "la Légende d'Eer",
mito tratto dalla Repubblica di Platone che narra del
ritorno dal mondo dei morti.
Il mondo antico rivive così in una costruzione nata da
una sorta di traduzione matematica del problema strutturale legato
originariamente a fini di propaganda tecnologica; la letteratura
più antica viene messa in musica con sistemi da alcuni
considerati estremi, ma che visti con gli occhi di coloro che
si interrogano se sia possibile una sorta di sintesi delle arti,
o meglio di tutti i modi dell'espressione, sembrano presentarci
Xenakis come quella figura di ricercatore scientifico e paziente
che ha finito per stabilire le norme di una strategia compositiva
fondata sulla matematica, sulla teoria degli insiemi, sulla logica,
ma senza cadere nella trappola di trattare tali principi per
se stessi, come puro godimento di un arido intellettualismo.
NOTES [1] Musicista, architetto, ingegnere civile di famiglia
greca. Era nato a Braila (Romania) il 29 maggio 1922. La sua
formazione spazia dagli studi all'Istituto Politecnico di Atene
al Conservatorio Nazionale Superiore di Parigi con Olivier Messiaen.
Inventore del concetto musicale di masse musicali, di musica
stocastica e di musica simbolica attraverso l'introduzione del
calcolo delle probabilità e della teoria degli insiemi
nella composizione musicale strumentale, elettroacustica e con
l'uso del computer, ha integrato sua attività di musicista
con quella di architetto. Ha progettato, oltre alla collaborazione
nella realizzazione del Padiglione Philips e alla progettazione
delle vetrate del Couvent de la Tourette, i Polytope per vari
spettacoli. Si tratta di installazioni architettonico-musicali
di luce e suono per i quali è fondamentale la composizione
simultanea di spazio e musica. Fondatore (1965) e presidente
del Centre de Mathématique et Automatique Musicale di
Parigi, è stato professore (1967-1972) di Musica all'Indiana
Univarsity, Bloomington, ove ha fondato il Center for Mathematical
and Automated Music; Gresham professor of music alla City University
di Londra (1975); professore alla Sorbona di Parigi (1972-1989).
Nel 1962 scrisse Formalized Music che approfondisce l'uso della
matematica in composizione. ritornare
al testo
[2] Per il Padiglione Philips, vedere A. Capanna, ""Conoids
and Hyperbolic Paraboloids in Le Corbusier's Philips Pavilion"
in Nexus III: Architecture and Mathematics, Kim Williams,
ed. (Pisa: Pacini Editore, 2000), pp. 35-44. ritornare
al testo
[3] Iannis Xenakis, Musica Architettura, Ed.
Spirali, Milano 1982 (traduzione del testo del 1976, I. Xenakis,
Musique. Architecture. Ed. Casterman, Paris). Le due sezioni
del libro sono nettamente separate, ma nella trattazione di ciascuna,
che riguarda esclusivamente opere in tutto o in parte dell'autore,
è evidenziato il procedimento matematico che esprime la
struttura compositiva. Sono particolarmente interessanti le pagine
che riassumono, in appendice, le corrispondenze fra le conquiste
della matematica e i conseguenti sviluppi della composizione
musicale. ritornare al testo
[4] In: Paul Valéry, "Storia di Anfione",
in: Scritti sull'Arte, Milano, 1984. Anfione era il mitico
figlio di Giove e della regina di Tebe al quale è collegato
il fenomeno straordinario della costruzione delle mura di Tebe,
mito che mette in risalto la potenza ordinatrice e creativa della
musica e delinea i tratti del sommo artista che unifica in sé
più figure. ritornare al testo
[5] in: AA.VV. Xenakis, a cura di E. Restagno,
Torino 1988. ritornare al testo
[6] in: Iannis Xenakis, Musica Architettura,
Milano 1982, pag. 58. ritornare al
testo
[7] In: AA.VV. Xenakis, a cura di E. Restagno,
Torino 1988, pag. 39. ritornare al
testo
[8] In: Iannis Xenakis, Formalized Music; thought
and mathematics in composition, Bloomington, University of
Indiana Press, 1971. ritornare al
testo
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au-dessus par Pascal Dusapin (in francese) Polytopes
par Iannis Xenakis (in francese) Iannis
Xenakis (con un'elenco delle opere) Groovy
composers on the Web (file Mp3 di alcuni brani di Xenakis) I.
Xenakis: Colone/Niuts/Serment/Knephas (file Real Audio dal
CD)
PER LEGGERE DI PIU' Nexus III: Architecture and Mathematics. Kim
Williams, ed. (Pisa: Pacini Editore, 2000). To order this book from the NNJ, click here.
Iannis Xenakis. Musique. Architecture
(Paris: Casterman, 1976)
E. Restagno. Xenakis. Turin,
1988.
Iannis Xenakis. Formalized Music: Thought
and Mathematics in Composition, Bloomington:University of
Indiana Press, 1971. To
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Mario Bois. Iannis Xenakis, the Man and
His Music. Greenwood Publishing, 1980. To order this book from Amazon.com, click
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L'AUTRICE Alessandra Capanna, architetto,
svolge la sua attivita' di ricerca e professionale a Roma. Si
e' laureata in Architettura presso l'Universita' di Roma "La
Sapienza" dove ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca
con una tesi intitolata "Strutture Matematiche della Composizione",
che tratta dei paradigmi logici della composizione architettonica
e musicale. E' autore del libro Le Corbusier. Padiglione Philips,
Bruxelles (Universale di Architettura 67, Torino, Testo &
Immagine, Gennaio 2000), che tratta della corrispondenza della
geometria dei paraboloidi iperbolici con i requisiti tecnici
ed acustici e delle loro conseguenze estetiche. Tra gli articoli
pubblicati sul tema dei principi matematici comuni in Musica
e in Architettura: "Una struttura matematica della composizione",
che analizza il concetto di autosimilarità nella composizione;
"Musica e Architettura. Tra ispirazione e metodo",
su tre architetture di Steven Holl, Peter Cook e Daniel Libeskind;
e "Iannis Xenakis. Combinazioni compositive senza limiti",
tratto da un Seminario tenuto presso il Dipartimento di Progettazione
Architettonica e Urbana dell'Universita' di Roma "La Sapienza".
The correct citation for
this article is: Alessandra
Capanna, "Iannis Xenakis: Architetto dei luci e dei suoni",
Nexus Network Journal, vol. 3, no. 2 (Spring 2001), http://www.nexusjournal.com/Capanna-it.html |
Copyright ©2001 Kim Williams
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