Manfredi Nicoletti. Sergio Musmeci. Organicità di forme e forze nello spazio. Universale di architettura, 54 (Torino: Testo & Immagine, 1999). 95 pp.; 75 figure in bianco e nero; 11 figure in colore. Recensito da Alessandra Capanna A tutti coloro che giudicano astratte ed eccessivamente teoriche le ricerche che si occupano dei rapporti tra architettura e matematica, risponde l'attività progettuale seria e colta di Sergio Musmeci, uno dei più audaci e trasgressivi tra gli strutturisti italiani del nostro secolo che attraverso la scienza cercava l'espressione della modernità. Egli dominava con pari completezza discipline tra loro connesse ma dalle specificità proprie: musica, astronomia, aeronautica, matematica, filosofia concorrono a definire la forma delle sue strutture, forme ottimali determinate dalla distribuzione spaziale delle azioni statiche. Egli è autore di un progetto per il ponte sullo stretto di Messina che solo oggi, a vent'anni di distanza, viene compreso e apprezzato. L'occasione per ricordare questo scienziato artista è la breve ma intensa monografia scritta per la collana Universale di Architettura da Manfredi Nicoletti "amico di idee, di svaghi, di progetti", per il quale Musmeci studiò una configurazione matematicamente definita del grattacielo elicoidale consistente in vele svergolate sviluppate sul tracciato della spirale logaritmica. Il progetto è posto a conclusione di un testo sintetico e conciso che introduce alla conoscenza di questo autore che ha fondato la sua ricerca, fra l'altro, sulle strutture aggregative, sulla conoscenza delle configurazioni dei 17 gruppi cristallografici nel piano e dei 230 nello spazio, che ha concepito le sue realizzazioni come sintesi di forme che coincidono con le forze in gioco nello spazio - da un lato - e come invenzione di sistemi costruttivi nei quali gli elementi geometrici vengono coordinati secondo sistemi spaziali. Il testo è composto di due parti distinte che si completano vicendevolmente: ad una prima parte di esposizione dei temi progettuali e di spiegazione delle caratteristiche geometriche e scientifiche fa seguito la rassegna delle opere, sostanzialmente di due tipi. Le prime fanno appello a quella geometria del continuo conosciuta nella tecnica costruttiva delle tensostrutture e perfezionata nelle "forme senza nome" elaborate per il Ponte sul Basento, molto ben illustrato in questo breve saggio anche confrontandolo con gli studi ad esso precedenti, che risalgono agli anni Cinquanta. "Forme che sono definibili veramente come tridimensionali, perché dotate di curvatura ed orientamento diversi nello spazio, in ogni loro punto, poiché nello spazio, in ogni punto sarà diversa l'intensità e la direzione delle forze" (p.23). Musmeci opera così, definitivamente, il superamento dell'empirismo strutturale di tradizione ottocentesca, per cui la forma dello spazio si otteneva per trasposizioni automorfiche di simmetrie ottenute attraverso la rotazione o la traslazione di figure piane, ottenendo quella architettura volumetrica direttamente connessa con il concetto di minimo strutturale. Questo soggetto di ricerca, che percorre trasversalmente le applicazioni di Musmeci, è testimoniato fin dalle prime pagine nel racconto della soluzione di un problema scientifico che già da studente egli si era posto: la definizione della forma dell'arco limite. "Esso ha una sagoma la cui equazione è (a parte le costanti moltiplicative che tengono conto della resistenza del materiale) " e somiglia ad una parabola molto rialzata. Questa curva è caratterizzata da alcune proprietà geometriche molto interessanti, in particolare l'angolo che la linea d'asse mediana forma con l'orizzontale risulta proporzionale all'ascissa, cioè alla distanza dall'asse verticale. La luce limite corrisponde alla distanza in cui quest'angolo risulta di 90°. Le opere classificabili nel secondo gruppo esprimono, all'opposto, una geometria del discreto identificabile nella conformazione cristallografica delle strutture reticolari. La sperimentazione di queste figure strutturali fu esposta
in una mostra tenuta a Roma nel 1979 alla quale il libro fa riferimento
(p. 43-52) per illustrare le "enigmatiche e nitide"
Spaces frames, sistemi reticolari costruiti tramite il processo
di formazione di poliedri regolari ed irregolari e la loro trasformazione
gli uni negli altri. Fino alla definizione del concetto di antipoliedro,
forma spaziale potenzialmente infinita e indefinibile anche quando
generata da figure regolari (p. 19-22). Alessandra Capanna, architetto, svolge la sua attivita' di ricerca e professionale a Roma. Si e' laureata in Architettura presso l'Universita' di Roma "La Sapienza" dove ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca con una tesi intitolata "Strutture Matematiche della Composizione", che tratta dei paradigmi logici della composizione architettonica e musicale. E' autore del libro Le Corbusier. Padiglione Philips, Bruxelles (Universale di Architettura 67, Torino, Testo & Immagine, Gennaio 2000), che tratta della corrispondenza della geometria dei paraboloidi iperbolici con i requisiti tecnici ed acustici e delle loro conseguenze estetiche. Tra gli articoli pubblicati sul tema dei principi matematici comuni in Musica e in Architettura: "Una struttura matematica della composizione", che analizza il concetto di autosimilarità nella composizione; "Musica e Architettura. Tra ispirazione e metodo", su tre architetture di Steven Holl, Peter Cook e Daniel Libeskind; e "Iannis Xenakis. Combinazioni compositive senza limiti", tratto da un Seminario tenuto presso il Dipartimento di Progettazione Architettonica e Urbana dell'Universita' di Roma "La Sapienza".
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Book Review Editor Michael Ostwald |